Una parabola che, da Bizerte a Marsiglia, passa per Aprilia e culmina con l’Allah Akbar scandito alla stazione di Saint-Charles. È la storia di Ahmed Hanachi, il jihadista tunisino entrato in azione domenica a Marsiglia, dove ha trucidato col coltello Laura P., 20 anni, e Mauranne H., 21, prima di essere ucciso a sua volta dagli agenti francesi dell’operazione Sentinelle.
Il procuratore di Parigi François Molins, che ha in mano tutti i dossier di terrorismo in Francia, vuole vederci chiaro sulla italian connection di Hanachi. Lo vuole anche l’antiterrorismo del nostro paese, che da tempo cerca di capire se in provincia di Latina stiano fermentando i semi dell’estremismo islamico. Potrebbe non essere una coincidenza, infatti, che in provincia di Aprilia si siano incrociate le traiettorie di Hanachi e di Anis Amri, altro tunisino che nel dicembre 2016 ha scatenato l’inferno nel mercatino di Natale di Berlino, dove dodici persone hanno perso la vita sotto le ruote dell’autocarro che Amri aveva rubato prima di scagliarlo sulla folla.
Aprilia, comune di 74 mila abitanti in provincia di Latina, ospita circa quattrocento cittadini tunisini, più un numero imprecisato di persone residenti nelle campagne circostanti. Una comunità che, a giudicare dai casi di Hanachi e Amri e dai provvedimenti presi recentemente dal ministro dell’Interno Angelino Alfano (e poi Marco Minniti), desta non poche preoccupazioni Sono ben quattro infatti i decreti di espulsione firmati da Alfano e Minniti tra il 19 marzo 2016 e il 12 marzo di quest’anno nei confronti di cittadini tunisini di Aprilia in odore di fanatismo. Il primo è stato Triki Mohamed, cinquantenne ambulante di Borgo Grappa, che “all’esterno del centro di preghiera islamica distribuiva una rivista radicale”: espulso il 19 marzo. Il 20 gennaio 2017, ad un mese dalla strage di Berlino, fu il turno di un senza fissa dimora, che alla Caritas di Latina avrebbe minacciare di vendicare la morte del “fratello” Amri, perito sotto i colpi di un carabiniere a Sesto San Giovanni . Un mese dopo, a finire nel mirino è Moez Guidaoui, 44 anni, il cui numero di telefono viene scoperto nella rubrica telefonica di Amri. E il 12 marzo, infine, viene rimandato in Tunisia Alhaabi Hisham, 37 anni di Borgo Montello, accusato di fomentare odio all’interno della moschea di Latina contro l’imam moderato Arafa Rekhia Nesserelbaz.
Cosa succede, dunque, nelle placide campagne dell’Agro pontino, tra i casolari che puntellano una zona a vocazione agricola a quaranta chilometri dalla capitale? È una domanda cui ora gli investigatori italiani dovranno trovare risposta. Per il momento, hanno perquisito la casa della suocera di Hanachi, madre di quella Ramona che nel 2008 convolò a nozze con il jihadista arrivato due anni prima dalla Francia. Un matrimonio che dev’essere stato tormentato, a giudicare dalle informazioni emerse sulla coppia. Che ha alle spalle precedenti giudiziari per spaccio di droga. Cui si aggiunge la condanna per furto di Hanachi, senza impiego fisso e noto in città per l’assidua frequenza dei bar. Locali che devono aver visto anche il profilo di Anis Amri, che qui sbucò nel luglio 2015, reduce da quattro anni di detenzione in Sicilia, comminati poco dopo il suo arrivo nell’isola su un barcone. Amri si ferma una settimana, o poco più, nella frazione di Campoverde, ospite dell’amico Montasar Yakoubi, ora in carcere per spaccio. Ai magistrati, Yakoubi ha anche raccontato che Amri era tornato a trovarlo poche settimane prima dell’attentato in Germania.
Potrebbe essere un caso, o forse no, che le campagne di Aprilia abbiano ospitato gli autori di due efferati episodi di questa lunga stagione del terrorismo jihadista 2.0. Sta di fatto che l’Italia, da un quarto di secolo crocevia di uomini e piani di matrice islamista, ha più di un motivo per essere in allerta. Nel numero dell’Economist di questa settimana, un articolo cerca di spiegare come mai nella penisola non si sia verificato nemmeno un attacco. La rivista britannica fornisce la solita, rassicurante spiegazione della super-preparazione dei nostri apparati di sicurezza, usciti vittoriosi nella lunga battaglia contro il terrorismo rosso e nero degli anni di piombo, e rafforzati dall’esperienza del contrasto alla criminalità organizzata. Sottolinea come nel nostro paese sia ancora poco significativa la presenza delle seconde generazioni di immigrati, dalle cui fila sono usciti gli autori delle stragi di questi ultimi anni, da Charlie Hebdo al Bataclan fino alla Rambla. E ricorda, giustamente, che l’Italia è tradizionalmente servita esclusivamente come stazione logistica ai qaedisti che vi hanno trovato dimora. Ma nell’era dell’Isis, dei lupi solitari “ispirati” dalla debordante propaganda on line, niente può essere più dato per scontato. E persino il panorama rassicurante della pianura pontino potrebbe celare le porte dell’inferno.