L’incidente russo-ucraino accaduto il 25 novembre nello stretto di Kerch, che separa il mar Nero dal mar di Azov, riporta in primo piano l’irrisolta questione ucraina e le tensioni che caratterizzano il rapporto tra Russia e Occidente. I fatti sono di una gravità inaudita: tre navi militari ucraine che si stavano dirigendo dal mar di Azov al mar Nero sono state intercettate dalla guardia costiera e dalla marina russa, che hanno aperto il fuoco e sequestrato mezzi ed equipaggio. L’accusa è di essere penetrati nello spazio russo senza aver rispettato le procedure. Si tratta, ovviamente, di un pretesto. In base ad un accordo tra Russia e Ucraina risalente agli anni ’90, le imbarcazioni ucraine hanno piena libertà di movimento in quegli spicchi d’acqua. Dietro la provocazione russa si cela in realtà l’intenzione di acuire la tensione con la vicina Ucraina, già destabilizzata dalla clamorosa annessione della Crimea del marzo 2014 e dalle intromissioni di Mosca nel conflitto del Donbass, che ha provocato oltre diecimila morti nel silenzio, quando non nell’indifferenza, dell’opinione pubblica occidentale. Un’opinione pubblica che, invece, dovrebbe preoccuparsi, e non poco, per le manovre del Cremlino e del suo inquilino. Quel Vladimir Putin che non nasconde, nelle dichiarazioni e nei fatti, la volontà di restituire al suo Paese la potenza e la capacità di intimidazione che aveva ai tempi dell’Unione Sovietica, il cui crollo è stato definito dal presidente russo la peggior sciagura capitata alla Russia nel XX secolo. Tenere sotto scacco l’Ucraina, e impedirle di procedere nel cammino di avvicinamento all’Occidente e alle sue istituzioni politiche ed economiche (Ue e Nato), è uno dei tasselli di una strategia che la Russia putiniana persegue con cinismo e determinazione, noncurante dei brividi che essa suscita nei paesi confinanti, terrorizzati di finire sotto la morsa militare, ancora prima che politica, dell’orso russo. Le minacce russe non sono simboliche: basta chiedere alla Georgia, invasa nel 2008 dalle forze putiniane intervenute ufficialmente per sostenere l’indipendenza di due enclave russe in territorio georgiano, quando il vero motivo fu impedire al Paese di compiere il salto nel campo occidentale. Dove si fermerà, l’offensiva russa, non è dato sapere. Ma la violazione dell’integrità territoriale e della sovranità di Georgia e Ucraina è già sufficiente, per annusare il pericolo.
Ucraina: così Putin vuole riportare la Russia ai fasti dell’Urss