Il web, si sa, è il regno del liberi tutti. L’arena in cui la pubblica opinione, armata di mouse o smartphone, si avventa sul malcapitato di turno e lo fa a pezzi, senza remore né pietà. Se poi si tratta di un personaggio pubblico, esponente di un pianeta poco stimato come la politica, all’arrembaggio! Questo meccanismo, che abbiamo visto in azione innumerevoli volte, è scattato ieri al sopraggiungere di una notizia apparentemente insignificante: l’auto della presidente Serracchiani che, diretta a Sappada, è rimasta bloccata a causa di un incidente che ha coinvolto un camion. Rimosso l’ostacolo, la vettura ha fatto marcia indietro, facendo saltare l’incontro con sindaco, giunta e cittadinanza. Tanto è bastato perché partisse la gogna. Che ha costretto i manager del sito del Mv a rimuovere i commenti più ingiuriosi. Una sfilza di oltraggi rivolti all’indirizzo di un politico che, come sappiamo, ha recentemente scelto di non ricandidarsi alla guida della Regione. Sarà questo alla base dello sfogatoio? Probabile. La decisione di Debora di guardare ad altri lidi ha provocato non pochi malumori. Tra i suoi elettori vi è chi, comprensibilmente, si sarà sentito tradito. Ma non sono questi, immaginiamo, gli artefici del virtuale lancio di monetine di ieri. I fatti di Sappada sono stati occasione ghiotta per i detrattori del presidente, per coloro cioè che, per ragioni le più varie, hanno mal sopportato questi cinque anni di governo regionale. Un governo gestito da una personalità ingombrante, carica com’era della responsabilità di condividere la guida del Partito Democratico. Il quale è da tempo al centro di polemiche che vivaci è dir poco. Il Pd è la forza politica che ha avuto l’onere di amministrare il nostro Paese in un momento di turbolenza. Che lo abbia fatto bene o male non spetta a noi dirlo: si esprimeranno gli elettori la prossima primavera. Ma, come sappiamo, il potere logora. E genera movimenti di opinione avversi, specie se il destinatario si è fatto carico di scelte impopolari. E cosa c’è stato di più impopolare, per il Pd e per il suo numero 2 stanziato a Trieste, dell’aver accolto migliaia e migliaia di profughi? Il lettore più accorto sa, naturalmente, che l’accoglienza non è opzionale: è un obbligo dettato da leggi internazionali precise. Ma questo particolare non ha impressionato l’italiano medio. Che negli ingenti stanziamenti per l’accoglienza ha visto il sigillo del tradimento. Non siamo nemmeno usciti dalla crisi, ripetono gli indignati, e destiniamo quei pochi soldi che abbiamo agli stranieri, peraltro in odore di clandestinità: quale ingiustizia! Il Pd pagherà il conto delle sue scelte, i suoi oppositori passeranno all’incasso. Debora, dal canto suo, probabilmente non pagherà pegno: il suo destino è altrove. Ma sul web, la sentenza è già stata firmata. A furor di popolo. Quel popolo che Mark Zuckerberg, Larry Page e Tim Berners Lee hanno dotato di armi affilate. Quel popolo che può esercitare la propria sovranità ogni santo giorno nelle praterie di internet. Si chiama democrazia dei clic, e non è proprio un bel vedere. Ma è l’essenza dell’era contemporanea.
La democrazia dell’insulto
Pubblicato il 29/12/2017 - Messaggero Veneto
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