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Gli invisibili soldati di Dio

Pubblicato il 05/11/2017 - Il Piccolo

Alla fine, è arrivata anche la rivendicazione. A quarantott’ore dalla strage di New York, lo Stato islamico ha apposto la sua firma sull’attacco che ha causato la morte di otto persone, tra cui due oriundi friulani. Solo le indagini potranno dirci quanto profondi fossero i legami tra l’artefice, l’uzbeko Sayfullo Saipov, e la centrale del terrore siro-irachena. La definizione di “lupo solitario” potrebbe infatti essere ingannevole. Alcuni attentati commessi dall’Isis sono stati guidati da remoto: gli autori materiali hanno cioè ricevuto istruzioni specifiche sul piano da condurre tramite applicazioni mobili come “Telegram”, che il gruppo ha eletto come canale preferenziale per le comunicazioni tra i comandanti e i seguaci. Ciò non toglie che, nell’attuale stagione del terrore islamista, il principale pericolo per l’Occidente siano gli attacchi “ispirati”: quelli che individui isolati portano a termine obbedendo alla propaganda on line dello Stato islamico. Lo stesso Saipov ha eseguito alla lettera le indicazioni contenute nella rivista elettronica dell’Isis “Rumiyah”, che in un numero dello scorso anno ha pubblicato una sorta di manuale per il terrorista fai da te. Si chiama “Just Terror Tactics”, ed è un tutorial che spiega al simpatizzante come realizzare un attacco “veicolare” massimizzandone i risultati. Il magazine illustra nel dettaglio come trasformare un furgone o un camion in una macchina mortale, scagliandolo sulla folla assembrata nelle città, possibilmente durante feste o manifestazioni, quando il numero degli obiettivi da travolgere aumenta significativamente. Non a caso Saipov, che per sua stessa ammissione meditava da mesi di entrare in azione, ha scelto il giorno di Halloween, quando i bambini percorrono in maschera la metropoli per compiere il rito dello “scherzetto o dolcetto”. Circostanze fortuite hanno voluto che l’attentatore non sia stato in grado di completare il suo piano di morte, che secondo le istruzioni di Rumiyah prevedono di scendere dal mezzo e mietere altre vittime con armi da fuoco o da taglio, seminando il terrore al grido di “Allahu akbar”, Allah è il più grande. Per sgombrare il campo dai dubbi sulla matrice dell’attentato, Rumiyah prevede infine che l’autore lasci sul terreno la sigla, dei fogli scritti in arabo contenenti frasi che inneggiano allo Stato islamico. In altri attacchi, come quello del mercatino di Natale di Berlino condotto da Anis Amri, il tunisino sbarcato in Italia e qui detenuto per tre anni, il legame con i mandanti era deducibile da un video, girato dall’artefice con il telefono, durante il quale giura fedeltà al “comandante dei credenti”, il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, e dichiara di aver agito in suo nome. Per punire gli “infedeli” colpevoli di essere al fianco degli Stati Uniti nelle operazioni militari che hanno ostacolato, e alla fine travolto, la parabola del califfato in Siria ed in Iraq. La cura dei dettagli nelle azioni dello Stato islamico è la cifra distintiva di un terrorismo quanto mai insidioso, che può colpire ovunque e con modalità impossibili da contrastare. Gli attacchi con il veicolo-ariete, o quelli con il coltello, sono il patrimonio di un movimento che ha il suo punto di forza nella capacità di aggredire il nemico senza che questo possa agire preventivamente, sventando complotti o sgominando cellule, semplicemente perché non ci sono. Non ci sono gruppi da infiltrare, né piani da smantellare. L’azione è coltivata, prima dell’esecuzione, nella mente di un solo individuo, che agisce per conto della centrale senza aver stabilito con essa legami operativi. E se c’è stato un contatto, si è consumato nei rivoli della comunicazione telematica, intercettabile solo quando vi sono sospetti sulle intenzioni dell’attore. Nel caso deI “soldati” dello Stato islamico siamo di fronte a un esercito liquido, che non si coagula in truppe visibili. Una forza che scaturisce dalla capacità di seduzione di un messaggio che fluttua liberamente in rete e nei social, e sfocia in azioni imprevedibili. Che potrebbero prendere di mira anche l’Italia, finora risparmiata dalla sanguinosa ondata jihadista.

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