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Il dilemma del governo tra legalità e solidarietà

Pubblicato il 09/08/2017 - Messaggero Veneto

La spaccatura in seno al governo sulle Ong “taxi del mare” è il sintomo dell’esistenza di sensibilità e letture diverse della crisi epocale delle migrazioni nel Mediterraneo. In superficie, lo scontro verte sul codice di condotta per le Ong varato dal Viminale e sul “gran rifiuto” opposto da alcune di esse. Nell’esecutivo vi è chi, come il ministro Delrio, ritiene che le Ong debbano continuare ad esercitare la loro missione in ossequio al diritto internazionale che impone di salvare vite umane. Posizione non condivisa da chi, come il ministro degli Interni Minniti, quel protocollo lo ha elaborato e lo considera un requisito imprescindibile per le organizzazioni che presidiano il Mediterraneo, accogliendo a bordo delle loro navi migranti destinati ad essere immessi nel nostro sistema di accoglienza. Le tensioni nell’esecutivo hanno raggiunto l’acme lunedì, quando Minniti ha disertato il Consiglio dei Ministri, costringendo il premier Gentiloni a ribadire che la linea del governo combacia con quella del Viminale. Questa, in sintesi, la cronaca del conflitto. A ben vedere, però, è altro che pone i membri del nostro governo su parti opposte della barricata. Il conflitto divide chi pone le questioni umanitarie al primo posto e chi, invece, ritiene che l’immigrazione debba essere governata alla luce delle leggi esistenti e dei vincoli posti dall’appartenenza del nostro Paese all’Unione Europea. Non vi è dubbio che l’esistenza di flussi di disperati che anelano a condizioni migliori di vita sia una questione etica che interroga le nostre coscienze. Né si può discettare sulle condizioni disumane che queste genti subiscono in patria e nell’inferno libico. È per questo che l’idea dei respingimenti è, per alcuni, semplicemente indegna di considerazione. Tale convinzione tuttavia prescinde del tutto dalle priorità che un governo responsabile – chiamato in primo luogo a far rispettare la legislazione in vigore, e poi a non alimentare lo scontro con gli altri Paesi europei che sono pronti a gettare Schengen alle ortiche pur di salvaguardare i propri confini – è chiamato a far rispettare. Se la geografia ha condannato l’Italia ad essere la porta d’Europa verso un Sud ancora preda del sottosviluppo e dell’instabilità, la politica deve rispondere anzitutto ai propri cittadini e agli altri membri dell’Ue, che hanno inequivocabilmente manifestato l’indisponibilità ad accettare un’apertura indiscriminata alle migrazioni. Apparentemente irresolubile, il dilemma tra umanitarismo e legalità rappresenta il nodo che questo governo, e quello che verrà, saranno chiamati a sciogliere. L’unica soluzione a portata di mano sarebbe quella che le condizioni attuali della Libia rendono impraticabile: la creazione di hotspot in loco dove gestire le domande di asilo e le pratiche di rimpatrio. La priorità del nostro Paese, e della comunità internazionale, non può dunque che essere l’intensificazione degli sforzi diplomatici per restituire alla Libia un governo unificato che sia in condizioni di esercitare la sovranità sul proprio territorio. Senza nascondersi che, in prospettiva, la sola via d’uscita dalla crisi è rappresentata dal promuovere nel continente africano sviluppo e stabilità, in assenza dei quali i flussi migratori non cesseranno.

Governo italianoimmigrazioneMessaggero Veneto
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